L’avvento degli Esports sta spopolando in tutto il mondo.

ll fenomeno eSports è oggi in costante crescita e non sembra certo rallentare o trovare scogli su cui infrangersi. E per i brand sponsor il settore si è rivelato una manna dal cielo. Apparentemente siamo di fronte ad un sistema perfetto e ancora lontano dall’essere saturo su scala mondiale. L’imprevedibilità di un mercato così giovane e di una società di millenials tech alle prese con sempre nuove tecnologie e dispositivi, rappresenteranno le vere insidie degli eSports, destinati comunque a rimanere tra i trend più discussi ancora per molti anni.

Nel frattempo, dalla crescita degli Esports, è nato anche un altro business, cioè il dare l’opportunità alle squadre che gareggiano a questi eventi di gioco, di crearsi la propria t-shirt o mausepad, o tazze, insomma di personalizzare questi oggetti di merchandising. Le personalizzazioni, nel gran numero dei casi, è completa, questo per offrire un servizio che soddisfi tutti i menbri della squasra.

Ma vediamo singolarmente le due macrorealta, Esports e Merchandiser.

 

Cos’è il merchandising?

Nell’accezione più comune, è un insieme di attività a supporto della vendita finalizzate ad ottimizzare l’esposizione, la presentazione, la rotazione dei prodotti in un punto di vendita.

Il termine merchandising presenta due accezioni sostanzialmente diverse:

  1. Il merchandising come contratto: il trademark merchandising
  2. Il merchandising come attività di sales promotion: Il visual merchandising

Il contratto di merchandising

In una prima accezione il termine viene utilizzato con riferimento al rapporto economico e giuridico con il quale il titolare (licenziante) dei diritti esclusivi di sfruttamento di un segno distintivo che goda di ampia notorietà (un marchio noto o il nome e l’immagine di un personaggio famoso, sia esso reale o fittizio), concede ad un secondo soggetto (licenziatario) il diritto di sfruttare a scopo commerciale il valore di alta rinomanza e notorietà presso il pubblico del marchio o del personaggio celebre, in settori diversi da quelli in cui il marchio o il personaggio celebre ha acquisito notorietà. Vedi Licensing.

Da notare che il contratto di merchandising non è l’unica forma di accordo che può avere ad oggetto lo sfruttamento a scopo commerciale di un segno distintivo dotato di valore attrattivo. Vedi Testimonial, Endorsement e Sponsorizzazione.

 

Trademark Merchandising. Lo sfruttamento commerciale di un marchio affermato o dell’immagine di un prodotto noto o di un personaggio famoso (sia esso una persona reale o fittizia), per la commercializzazione di altri prodotti di natura notevolmente diversa da quelli per i quali il marchio è stato registrato e utilizzato in precedenza. È il caso della Disney che ha concesso la produzione su licenza di molti prodotti, tra cui t-shirt, abbigliamento e accessori, sotto il suo marchio ben noto.

Co-branding di merchandising. Due o più brand noti vengono combinati nella realizzazione di un unico prodotto o commercializzati insieme, in vista del perseguimento di obiettivi comuni o autonomi, ma tra loro compatibili (vedi Co-branding).

Il merchandising inteso come attività di sales promotion

In una diversa accezione, che si colloca nell’ambito delle problematiche del punto vendita, per merchandising si intende l’attività di progettazione, realizzazione e gestione degli spazi del punto vendita, il cui scopo è attrarre e fidelizzare i consumatori-utilizzatori rendendo lo shopping più facile e più piacevole.

Il merchandising si propone di ottimizzare l’esposizione e la presentazione delle merci operando a livello sia di struttura e di organizzazione dei diversi reparti del punto vendita (layout) sia di effettiva collocazione e visualizzazione del prodotto (display). Il visual merchandising, in particolare, fa ampio uso delle tecniche di comunicazione visiva e sensoriale (all’interno ed all’esterno del punto vendita) per dare ai prodotti presenti nel punto vendita un ruolo di vendita attivo. Attiene alle decisioni che riguardano l’architettura commerciale, l’insegna, la vetrina, l’ingresso, il design degli ambienti, la segnaletica, la cartellonistica, nonché tutta la comunicazione Point of Purchase (POP).

Nell’ambito specifico della GDO, il merchandising è più frequentemente inteso come un insieme di tecniche e tattiche volte a promuovere le vendite di un prodotto sul punto vendita e, per estensione, il materiale pubblicitario ed espositivo prodotto a tal fine.

 

Gli obiettivi di merchandising. Il merchandising persegue obiettivi di breve e di lungo periodo. Secondo la prospettiva di breve periodo, esso si propone di ottimizzare lo spazio espositivo, al fine di massimizzare il rendimento della superficie di vendita. Le scelte espositive sono, in genere, orientate a migliorare la visibilità – e, dunque, a stimolare le vendite – delle categorie, delle marche e delle referenze a più alto margine unitario. Nella prospettiva di medio-lungo periodo, invece, l’obiettivo del distributore è quello di influire sulla scelta del punto vendita e fidelizzare il consumatore all’insegna. In tal modo, è possibile mantenere e sviluppare la redditività del punto di vendita, riducendo al tempo stesso il livello di dipendenza dall’industria. In altri termini, i distributori cercano di fare in modo che la scelta del punto vendita diventi prioritaria rispetto alla scelta del prodotto industriale, ovvero che la store loyalty prevalga sulla brand loyalty.

Incominciando prima spiegando cosa sono gli Esports.

 

L’avvento degli eSports

Gli eSport, o sport elettronici, sono l’attività che riguarda il giocare ai videogiochi a livello competitivo, organizzato come un torneo, con scontri diretti tra singoli o squadre,  viene definito come “una qualsiasi attività competitiva legata a un videogioco, organizzata tra più videogamer e praticata in ambienti fisici”, come in occasione di campionati o eventi fieristici offline e online.

Le competizioni riguardano molti generi, e quindi discipline, diversi di videogiochi, in differenti console e piattaforme in cui gli eGamers possono affinare le proprie abilità e caratteristiche: il più utilizzato rimane il PC, anche se negli ultimi anni stanno crescendo le pratiche su PS4 o Xbox e nel mondo mobile con i cosiddetti Touch eSport.

Nielsen Sports ha diffuso un report che analizza questo business creatosi e identifica il profilo tipo non del solo eGamer (il praticante) ma soprattutto del fan videogiocatore. Individuare l’identikit dei follower dei vari videogiochi è di notevole importanza per le aziende, desiderose di entrare nel mondo degli eSports con partnership e sponsorizzazioni mirate e di forte impatto.

Inoltre, un dato importante riguarda le “quote rosa”, il fenomeno non riguarda infatti solo il genere maschile ma anche quello femminile, con circa tre ragazze su dieci che praticano e seguono un’attività videoludica. Oltre al dato demografico, i supporter degli eSports hanno in media un lavoro a tempo pieno e un reddito più elevato e rispetto all’utente medio che trascorre del tempo online. Inoltre, amano spendere su supporti digitali e prodotti correlati ai giochi, arrivando ad avere più abbonamenti digitali. Ad esempio? Netflix, Apple Music e Spotify.

Possiamo quindi definire gli amanti degli eSports come dei “Cross-Platform Player”, ovvero utilizzatori di numerose e diverse console, a partire dal classico computer, fino ad arrivare agli smartphone. Dunque, un gruppo molto interessante agli occhi degli sviluppatori di dispositivi mobili.

Esport nel mondo e in Italia

Tutte le fasi preliminari dei tornei di eSport vengono seguite in streaming, mentre la finali anche dal vivo con tanto di arbitri e commentatori specializzati. Nella loro evoluzione, iniziata dagli anni ’80, si è arrivati oggi a montepremi globali che sfiorano i 500 milioni di dollari (le previsioni per il 2018 indicano quasi 2 miliardi di dollari) con un pubblico che si aggira sui 150 milioni di persone, tra finali ed eventi di qualifica seguiti su Twitch, dal vero o tramite altri canali.

Anche in Italia l’avvio di questo settore si è visto negli anni ’80 ma, causa burocrazia, mancanza di sponsorizzazioni importanti, linee internet inadeguate e una cultura non adatta, gli eSport non hanno ancora raggiunto i livelli che troviamo all’estero. A partire dai giochi Atari ci si è presto spostati verso Quake, Starcraft, Counter-Strike, FIFA, COD, Street Fighter 4, League of Legends, Heroes of Warcraft od Overwatch. Nel 2014, finalmente, qualcosa è accaduto in quanto Giochi Elettronici Competitivi, settore sportivo di ASI, ente riconosciuto dal CONI, ha iniziato ad occuparsi di creare una regolamentazione nel settore, supportando le nascenti ASD, Associazioni Sportive Dilettantistiche. Di recente, sono anche nate addirittura delle scuole di formazione per i ruoli di arbitri, allenatori, analisti e commentatori di eSport.

Sponsorizzazioni

I più famosi tornei itineranti, che ancora non abbracciano l’Italia, sono il DreamHack e l’Intel Extreme Masters. Ormai le finali di questi tornei occupano il Medison Square Garden o interi stadi di calcio. Dimensioni del genere, ancora una chimera per l’Italia, sono in grado di generare un indotto di biglietti e di sponsorizzazioni  decisamente interessanti. Intel, MSI, Razer, ACER, ASUS, Logitech e HyperX sono state le prime ad investire ricevendo in cambio ritorni di immagine notevoli. Anche nell’extra settore marchi come Coca Cola, Monster, Red Bull hanno ormai deciso di investire quote sempre più significative.

In Italia non abbiamo una cultura del gaming come in Corea, Cina o nei paesi nordici europei. In questi paesi si sono radicate delle tradizioni legate a giochi PC che nel tempo si sono evolute. In Italia non abbiamo avuto lo stesso percorso e spesso il videogiocare è visto solamente come un bambino che gioca. Per passare da questa visione al pro-gamer è necessario attendere l’evolversi delle cose. Non mancano ormai le opportunità, come non mancano in Italia giocatori talentuosi in grado di mettersi in vista. Sport Elettronici, con MSP, Giochi Elettronici Competitivi con ASI, le numerose ASD e i tornei stanno ormai riducendo il gap che ci divide con l’estero. I tornei sono sempre più diffusi e partecipati anche se mancano ancora luoghi di incontro dove i ragazzi si confrontano, non solo per giocare ma anche per studiare. Le sale LAN non bastano, anche se stanno crescendo in numero, in un’Italia che vede ancora i videogiochi come un hobby se non peggio.

Esports: perchè e come iniziare un business online con il Print on Demand?

Gli eSport si sostengono grazie ad un modello di business complesso, che comprende diverse fonti di ricavi: sponsorizzazioni, pubblicità, diritti multimediali, vendita di biglietti, merchandising e offerte dirette da parte degli spettatori.

L’espansione di un mercato ancora vergine, non ancora colonizzato da brand ha attratto nuovi marchi ad entrare nel mercato in varie vesti, come sponsor di squadre, eventi, tornei e piattaforme di trasmissione. Molti di questi sono brand di videogame e elettronica di consumo, ma anche i cosiddetti “non endemic sponsors” sono in aumento, poiché interessati ad esplorare il settore e guardare ad una possibile futura espansione nei programmi appositamente dedicati agli eSports anno dopo anno. In particolare, squadre, campionati e tornei hanno stretto partnership con aziende di settori apparentemente distanti dagli interessi dei fans di videogiochi come il segmento automobilistico, cibo e bevande, cura della persona, finanza e assicurazione.

I marchi che entrano nello spazio eSports, a qualsiasi titolo, devono necessariamente analizzare le proprie potenzialità, le minacce e le opportunità per comprendere non solo i propri obiettivi ma anche il pubblico, le loro abitudini e le loro preferenze. Alcuni gruppi di Gamers hanno iniziato un attività di print on demand, vendendo merchandising a loro volta per la stessa loro nicchia, ovvero gli appassionati di videogiochi e per tutti colori che gareggiano.

Gli appassionati, ma sopratutto coloro che gareggiano, perchè offrono una necessità, sono attratti dalle t-shirt, mausepad, tazze e tanti altri prodotti personalizzabili. Questi possono essere utilizzate per gareggiare, quindi offrire un servizio di personalizzazione, produzione e spedizione, ad altri gamers, ma possono interessare anche ai ragazzi/e che si avvicinano a questo mondo solo per passione e per hobby da condividere con altre persone nel mondo digitale.

Le aziende che riescono ad entrare in questo mercato in modo puntuale, o mediante sponsorizzazioni o con l’advertising classico, ottengono un notevole vantaggio competitivo, perché lo spettatore presterà maggiore attenzione all’unico marchio presente nelle pubblicità degli eventi, riuscendo a raggiungere un alto numero di potenziali acquirenti con una share of voice massima (la “share of voice” è la misura in percentuale della presenza pubblicitaria di un marchio per un dato target rispetto ai suoi competitor).

Crea anche tu un ulteriore business con il Print on Demand. Hai l’opportunità di crare prodotti di abbigliamento e merchandising personalizzato e venderli su un sito completamente persoanlizzabile da te e gratuito.

Dai la possibilità ad altri amanti dei videogames di poter avere una collezione di t-shirt Gamer con cui poter gareggiare!

 

 

 

 

 

 

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